Vettor Pisani, architetto, pittore e commediografo, protagonista della ricerca degli anni Settanta e di Biennali e Documenta, si è tolto la vita ieri, a 77 anni, nella sua abitazione romana, proprio di fronte alla Piramide Cestia.
Pisani era nato ad Ischia nel 1934 e dal 1970 si era trasferito a Roma. Nella capitale la sua prima personale ha come temi la dottrina dei Rosacroce, i riti alchemici e le filosofie esoteriche, incentrati sul mistero della Sfinge, sul mito di Edipo e sulla figura di Duchamp. Temi, come l’altro della massoneria, che torneranno spesso nella sua attività. Proprio nel 1970 ottiene il Premio Pino Pascali attribuito dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e comincia la sua attivita’ nel teatro realizzando alcune scenografie.
Nel 1976 presenta alla Biennale di Venezia - sua prima volta - l’opera Theatrum, anticipatrice di una ricerca che si protrarra’ lungo tutto il corso della sua carriera artistica. L’artista vede nel labirinto un analogo del reale, secondo una cultura ermetica ed esoterica che appartiene ai tre artisti ai quali dedica la propria opera - Duchamp, Klein, Beuys
Il suo metodo consiste nell’appropriarsi di elementi desunti da altri artisti e dalla storia dell’arte, reinventandoli: crea mediante la citazione, mettendo sotto analisi non il mondo, ma il linguaggio.
Meret Oppenheim ritratta da Man Ray nel 1933
Vettor Pisani
Attualmente era impegnato in un progetto a Serre di Rapolano presso Siena con l’obiettivo di trasformare una cava di pietra in un’opera abitabile e vivibile, luogo di contemplazione e scambio.
"Sono stato attratto dalla particolare natura delle cave di travertino di Serre di Rapolano, che incarnano un insieme di riflessioni sulle quali vado da anni investigando: il riuso di luoghi mutati nel loro primitivo aspetto dall'opera dell'uomo; la funzione dell'intervento dell'arte sulla natura: la relazione pieno/vuoto di costruzioni architettoniche di alta valenza simbolica quali le piramidi. [...] Le cave nascono dall'interesse economico dell'uomo all'estrazione [....]... possono pero' essere anche viste come luoghi dell'immaginario, della dimensione onirica e della memoria, come luoghi dell'arte che esistono: basti pensare alla pittura di Marx Ernst, dove in luoghi irreali e fantastici di solitudine e segretezza, di rocce e fiori, la nostra psiche puo' vagare, prefigurando un mondo non reale quanto quello in cui viviamo, ma di utopia per un'esistenza interiore altrettanto necessaria all'uomo quanto la dimensione quotidiana del vivere" (Vettor Pisani)
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